In the long-standing relationship between mental illness and literature in Italy, where historically literary and medical discourses on neurosis have been intertwined, the criticism of mental institutions has stood out as a literary trope only since the spread of radical psychiatry movements in the 1950s. From Le libere donne di Magliano (1953), by Tuscan psychiatrist and writer Mario Tobino, many writings produced around the years of the Basaglia reform and in the following decades have openly engaged with the dark present and past of psychiatric hospitals. However, while the shocking personal testimonies and photographic and audio-visual records of internment that supported and promoted the Basaglia reform are being reassessed today as tangible acts of memory, less attention has been given to the literary representations of asylums and their role as a medium of memory for a twenty-first-century readership. This has become clear in the years around the thirtieth anniversary of the Law 180/78, when the contemporary representations of the Italian teatro di narrazione significantly dealt with the theme of the internment, seeking to debunk the cultural myths surrounding psychiatric hospitals and their patients.
This thesis seeks to address this gap by arguing that the literary discourse on mental hospitals in Italy has focused on the intricate relationship between cultural perceptions of mental disorders, personal experience of treatment and internment, and their legacy on the country’s collective memory. I structure my analysis within the intersection of two main theoretical frameworks: the first refers to the recent psychiatric and historical assessments of the Italian psychiatric confinement, and the second draws from theoretical conceptualisations of the relationship between literary genres and collective memory. To do this, I consider three literary genres that have played a significant role in this debate, each within their specific conventions: the memoir, the novel and narrative theatre.
After introducing the discourse on the perception of mental confinement through a review of its representations in different media, I discuss the memoir in depth, focussing on Tobino’s three published diaries, Alda Merini’s L’altra verità. Diario di una diversa (1986) and Fabrizia Ramondino’s Passaggio a Trieste (2000). This is followed by a thorough analysis of the relationship between the novel and the psychiatric institution through the reading of Tobino’s Per le antiche scale. Una storia (1972), Italo Calvino’s La giornata d’uno scrutatore (1963) and Luca Masali’s La vergine delle ossa (2010). Finally, I discuss Ascanio Celestini’s La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico (2006), Renato Sarti’s Muri. Prima e dopo Basaglia (2008) and Marco Paolini’s Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute (2012), in the context of narrative theatre.
Through my analysis of these texts and theatrical performances, I show how the manicomio gradually acquires the status of lieu de mémoire in contemporary Italian writing. Depicting, criticising and remembering the asylum, contemporary literary writings have responded to its disappearance as a physical space by rethinking it as a metaphorical means of understanding the present. Progressively challenging a literary tradition which struggled to give voice to the experience of mental disorder, these depictions have recognized persistent forms of social exclusion in contemporary Italy and highlighted the pressing need for a new culture of representing internment.
Sinossi:
Con la diffusione in Europa dei movimenti anti-psichiatrici negli anni Cinquanta del Novecento, la letteratura italiana ha accolto il tema della critica alle istituzioni manicomiali nel suo ricco patrimonio di rappresentazioni di nevrosi ed altre patologie mentali. Da Le libere donne di Magliano (1953), dello psichiatra e scrittore versiliese Mario Tobino, romanzo che per primo ha aperto le porte del manicomio alla letteratura italiana, molti testi scritti a partire dagli anni della riforma Basaglia si sono occupati dell’oscura eredità delle istituzioni psichiatriche. Le testimonianze degli internati e le immagini fotografiche ed audio-visive che hanno denunciato e documentato le disastrose condizioni di vita all’interno degli ospedali psichiatrici, supportando e promuovendo la riforma psichiatrica in Italia, sono oggi poste al vaglio della critica nell’ambito di un discorso ininterrotto sulla memoria storica dei manicomi. Lo stesso non si può dire delle rappresentazioni letterarie dell’internamento, che similmente hanno svolto e svolgono un ruolo fondamentale nella trasmissione della memoria del manicomio. Nei primi anni del Duemila, in particolare, in concomitanza con il trentennale dell’approvazione della legge 180/78 che ha decretato la chiusura definitiva dei manicomi in Italia, la necessità di ricordare le storie degli ospedali psichiatrici e dei loro pazienti è stata espressa dagli autori del teatro di narrazione, che a questo tema hanno dedicato un significativo numero di spettacoli.
A partire da queste osservazioni, in questa tesi viene esaminato il discorso letterario della critica alle istituzioni manicomiali, ed in particolare l’intricato rapporto tra memoria, percezione culturale del disagio psichico e narrazione dell’esperienza dell’internamento. Con l’obiettivo di analizzare le rappresentazioni letterarie dell’internamento nei tre generi letterari che hanno svolto un ruolo primario in questo dibattito – la scrittura di sé, il romanzo e il teatro di narrazione – si tiene conto, da una parte, dei recenti contributi alla ricostruzione storiografica dell’internamento in Italia e, dall’altra, degli aspetti teorici del rapporto tra generi letterari e memoria collettiva. Dopo un’introduzione sul rapporto tra memoria storica e modernità dell’istituzione psichiatrica, si ripercorrono brevemente le tappe storiche dell’internamento, riflettendo sulle sue rappresentazioni. Si procede quindi alla disamina della scrittura di sé attraverso la lettura dei diari personali di Mario Tobino, de L’altra verità. Diario di una diversa (1986) di Alda Merini e di Passaggio a Trieste di Fabrizia Ramondino (2000). Questa discussione è seguita da una dettagliata analisi della rappresentazione dell’istituzione psichiatrica nei romanzi Per le antiche scale. Una storia (1972) di Tobino, La giornata d’uno scrutatore (1963) di Italo Calvino e La vergine delle ossa (2010) di Luca Masali. Infine, nell’ambito del teatro di narrazione, si discutono La pecora nera. Elogio funebre del manicomio elettrico (2006) di Ascanio Celestini, Muri. Prima e dopo Basaglia (2008) di Renato Sarti e Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute (2012) di Marco Paolini.
Grazie alla lettura approfondita di questi testi e spettacoli, si mette in evidenza come il manicomio abbia gradualmente acquisito lo statuto di lieu de mémoire letterario. Infatti, ponendosi al crocevia tra la fine dell’era manicomiale e l’inizio della memoria storica del manicomio, la letteratura italiana ha accompagnato il processo di deistituzionalizzazione e investito metaforicamente il manicomio di un ruolo nuovo, cioè di lente attraverso cui osservare la società italiana attuale. Prendendo progressivamente le distanze da una tradizione letteraria che si preoccupava principalmente di rintracciare i sintomi patologici di poeti e scrittori in base alla resa implicita o esplicita nelle loro produzioni, e ricordando i soprusi della psichiatria di un passato recente, queste rappresentazioni del manicomio fanno riflettere sulla persistenza di forme di discriminazione sociale e contribuiscono alla creazione di una nuova cultura di rappresentazione dell’internamento.